Avevo intuito (era appena finita la guerra) che anche i prodotti potevano essere raccontati. Una sera, al cinema, pensai che sarebbe stato bello creare per un brand la stessa “sospensione dell’incredulità” che era in grado di generare il cinema. O il teatro.
Quando arrivai in Italia mi scontrai con le aziende che chiedevano “pubblicità”. Con i direttori vendita che non guardavano mai al valore del brand ma solo alle conversioni dirette. Ciò nonostante non ho mai cambiato la mia natura, i miei valori, le mie idee.
“Tutte le storie sono importanti, ma non tutti i racconti di vita, prodotto, marca sono interessanti. Se raccontate un prodotto, il racconto deve avere un contenuto. E non solo deve essere accattivante, scritto bene, allineato con il pubblico, ma deve anche essere costruito in modo narrativo. Questo significa che vi siete presi del tempo per pensarlo, per scriverlo, per riscriverlo e per testarlo”.
(Martin Brando ha rinunciato a dei clienti. Ma mai al suo credo)
Sarebbe stato bello vederlo all’opera oggi, con tutti gli strumenti a disposizione: i blog, i social network, i video, le landing page, gli e-book, i podcast. Ma poco importa: perché c’è una squadra che ne raccoglie il testimone, il credo e l’efficacia. Martin Brando.
A metà strada tra fiction e marketing, nasce la storia di Martin Brando. Una storia che accomuna tutti coloro che stanno portando avanti la sua eredità.
Una squadra che ne raccoglie il testimone, il credo: attraverso contenuto, idee e azioni.